La digitalizzazione del cliente culturale

Calo d’interesse, diminuzione dei fatturati, aste deserte, rincorsa al prezzo più basso… anche la cultura si trova a fronteggiare quella che alcuni hanno ormai definito la Prima Grandissima Depressione, con buona pace dei riferimenti al passato 1929.
Eppure, mentre la maggior parte degli operatori culturali si sta domandando in modo alquanto referenziale “dove diavolo è finito il mio cliente?!?”, esiste una nicchia che ha saputo dare una risposta coraggiosa, ovvero “su internet!”.
Il consumatore culturale, oggi con budget ridotti e sempre meno tempo a disposizione per il divertimento personale, ha infatti mutato profondamente le proprie strategie di acquisto; la direzione è quella dell’ubiquità di utilizzo e del risparmio.
E’ la digitalizzazione del cliente, che al posto di acquistare i giornali legge le notizie su internet, magari in mobilità grazie ad apparecchi di nuova generazione. E’ l’appassionato di musica che non acquista più i cd musicali, ma quando va bene li scarica da iTunes, accontentandosi poi di stampare i testi delle canzoni dal web. E’ l’appassionato di libri che scarica l’ultima versione del Best Seller preferito in formato PDF, stampandolo da casa o leggendolo sul proprio telefonino nel tragitto verso il luogo di lavoro.
Internet, quindi, è diventato il vero e proprio minimo comun denominatore di una nuova tendenza all’acquisto ed al consumo culturale. Una rivoluzione silenziosa che ha letteralmente travolto i principali operatori del settore, sebbene i segnali anticipatori fossero chiari.
Il marketing culturale poteva forse rimanere indifferente allo stravolgimento che sta attraversando i destinatari e fruitori finali di questo comparto? Certamente no! Per questo motivo, ho tre consigli da dedicare a chiunque voglia concretamente sintonizzarsi con i propri clienti attraverso il web.
  • La prima cosa che dovrebbe fare chi si occupa di vendere e distribuire cultura, sia direttamente (nel caso di artisti e professionisti che auto-producono il prodotto culturale), sia indirettamente (perché all’interno di una grande organizzazione culturale), è quella di studiare il funzionamento dei motori di ricerca. Se il presupposto è che il cliente è diventato digitale, il miglior luogo dove trovarlo è tra i risultati dei motori di ricerca. Comprendere i meccanismi di questi grandi luoghi di aggregazione digitale può fare un’enorme differenza, a partire dall’ideazione del prodotto sino alla sua distribuzione.
  • Il secondo suggerimento è quello di analizzare la propria immagine digitale, e di adoperarsi per la sua costruzione. Quando il cliente digitale cerca informazioni sulla vostra carriera personale o sulla vostra organizzazione culturale, quali sono le informazioni che trova e che influenza hanno queste informazioni sulle vostre vendite? Se non siete in grado di rispondere a questa domanda, il marketing culturale che attualmente state utilizzando on line possiede grandi criticità.
  • Last but not least, è importante adottare un atteggiamento collaborativo e generativo on line. L’operatore culturale come partner e non venditore, come socio e come alleato dell’acquirente, in grado di fornire proprio il prodotto o il servizio che viene ricercato. Nell’era di internet, non basta più semplicemente ascoltare il cliente, come nei canoni del marketing culturale più tradizionale, ma bisogna imparare a cooperare sfruttando gli strumenti del web 2.0. Facebook, Twitter, Lulu.com, Second Life, Skype, LinkedIn… ogni giorno è quello buono per scoprire un nuovo punto di contatto con i propri fan.
La digitalizzazione culturale è quindi non solo l’elemento scatenante della crisi di molti operatori ma anche la grande occasione ed opportunità per liberarsi da un approccio troppo autoreferenziale ed ormai desueto. 
Certamente è richiesta una difficile presa di consapevolezza per chi era abituato ad altre logiche, ma i risultati (per quanto riguarda le misurazioni di molti miei lettori e clienti, seppur attraverso una valutazione spannometrica) crescono mese per mese, in modo costante e continuativo. 
Anche se non è la panacea definitiva ai nuovi problemi che il marketing culturale si trova ad affrontare, si tratta perlomeno di un risposta concreta ed attuale per chiunque si stia ancora chiedendo “dove diavolo è finito il mio cliente!?!?”.

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