Il consumatore culturale 2.0 ed il mercato mondiale della cultura

Una grande rivoluzione sta progressivamente occupando il mercato della cultura occidentale. La grande novità è che l’acquirente moderno (quello che secoli addietro veniva definito come il committente o il mecenate di un’opera), vuole acquistare spazio all’interno dell’attività creativa dell’autore. Chi compra libri, musica ed opere d’arte, pretende ormai d’interagire direttamente con l’autore, di discutere il piano dell’opera e di modificarlo secondo le proprie prerogative ed i propri gusti.

Nasce e si sviluppa così una nuova specie di consumatore culturale, che non può essere ignorata da chi si occupa di cultura per lavoro.

Il nuovo consumatore culturale 2.0 è quello che, con la diffusione delle nuove tecnologie, partecipa in modo diretto alla creazione dell’opera d’arte, sia essa di tipo artistico, musicale o editoriale. Per farlo, sfrutta gli strumenti collaborativi di cui dispone: blog, email e social network.

Capita così sempre più spesso che si contatti il proprio autore o artista preferito via mail, che si lasci un commento all’interno del suo blog online o che si ci connetta alla pagina di riferimento sui siti di social network. E facendo questo, si modifica così anche lo stile espressivo dell’artista, perché come c’insegna la base della biologia non può esserci contatto senza forma d’influenza reciproca.

Un contro-altare perfettamente allineato con la prima grande rivoluzione del marketing culturale, che i frequentatori del mio blog conosceranno ormai molto bene: quella intravista per la prima volta da Chris Anderson e definita come “la coda lunga” (controllate i post precedenti per una spiegazione più ampia del fenomeno).

Si tratta della teoria secondo la quale nel mercato culturale del futuro avranno la stessa importanza economica i grandi successi commerciali come le opere d’arte degli artisti di nicchia. Una differenza che è stata resa possibile dall’unirsi del “fattore internet” all’evoluzione senza sosta della figura dell’artista, che prosegue nel proprio sviluppo secolo dopo secolo, sorprendendo per la direzione nuova ed imprevedibile che prende di volta in volta.

Nel corso del passato post-bellico il mercato della cultura è sempre stato influenzato dalla comunicazione di massa, tanto che difficilmente le vendite culturali potevano verificarsi in misura economicamente sostenibile senza che l’autore passasse prima per i grandi amplificatori collettivi (il cosiddetto sistema radio-televisivo). Per le organizzazioni culturali, era invece d’obbligo l’aiuto pubblico o il contributo economico del mecenate. L'audience vera e propria restava un elemento difficilmente coinvolto se non nella fruizione culturale vera e propria.

Oggi internet aggiunge una nuova dimensione partecipativa al committente culturale, rendendo di fatto possibile la sopravvivenza economica a migliaia e migliaia di artisti, musicisti e scrittori indipendenti, che pubblicano le loro opere direttamente sul web.

E mentre migliaia di nuove nicchie artistiche prendono forma nelle nuove autostrade digitali, altrettanti consumatori culturali 2.0 sono felici di diventare partner e co-creatori protagonisti di queste nuove forme di produzione artistica. Si tratta di uno spiraglio di luce e multipolarità in un’epoca che necessita di un profondo cambiamento di paradigma.

Una catarsi collaborativa che giunge nel momento più opportuno, quello della crisi dei modelli di business culturale tradizionali, e che concorrerà a traghettare il mondo dell’arte, della musica e dell’editoria in un futuro sempre più contraddistinto dalla solidarietà verso gli artisti ed autori indipendenti. Proprio quei soggetti che hanno qualcosa di nuovo da dire ma che difficilmente potevano emergere nei contesti commerciali precedenti.

Internet ha già vinto la propria sfida: rimane solo da chiedersi quanto tempo impiegheranno gli artisti e gli operatori della cultura più tradizionalisti a comprendere che ormai la strada è tracciata, adeguandosi al nuovo ruolo di cooperanti e partner di una nuova schiera di mecenati digitali, non più associati in limitati gruppi d'interesse, ma dispersi in una miriade di finanziatori quanti sono gli utenti del world wide web.

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