Internet sta uccidendo la musica?

Internet e musica: un binomio che fa discutere parecchio. Forse non pensate che il web stia uccidendo la musica, ma sicuramente continua a dare spallate a quello che una volta era il solido business dell'industria discografica e musicale. Per questo motivo, urge l'adozione di un nuovo atteggiamento ed un diverso approccio interpretativo verso un cambiamento di paradigma (e di modo di fare business) che con il passare degli anni sta accelerando sempre più i propri trend iniziali.
Che il tradizionale modo di fare business musicale facesse acqua da tutte le parti non era cosa difficile da capire. Piuttosto diviene arduo comprendere perché i vari attori in gioco restino tanto fossilizzati su posizioni autoreferenziali e per molti aspetti anacronistiche, mentre i fruitori di musica chiedono disperatamente al mercato qualcosa di differente. Basta leggere qualche commento riguardo la pirateria musicale sul blog del Corriere di Federico Cella a questo link per rendersene conto.
In questo senso, le case discografiche e gli operatori professionali del settore dovrebbero fare degli sforzi per incrociare la reale domanda di musica, trasformando i propri competitor in complementori (dall'unione di competitor con complementari).
Non è impuntandosi su pratiche ormai desuete che si possono cambiare le sorti delle case discografiche o salvare quei posti di lavoro ormai resi inutili dalla rivoluzione digitale. D'altra parte, un sacrificio analogo viene richiesto anche ai compositori ed agli esecutori; si tratta di nozioni già dibattute ed accettate ormai da parecchi anni. Basti pensare a quello che scrive Chris Anderson all'interno del suo ultimo saggio, Gratis:
"[...] La musica online ne è l'esempio perfetto: tra la riproducibilità digitale e la diffusione peer to peer, il costo reale della distribuzione di musica è colato a picco. In questo caso il prodotto è diventato gratuito a causa della pura forza di gravità economica, con o senza un modello di business alle spalle. Questa forza è così potente che ha fatto fallire [...] le leggi, le protezioni anticopia, i sensi di colpa e ogni altra barriera alla pirateria che le etichette discografiche abbiano escogitato per opporvisi" (p. 34, versione elettronica ePub). 
La soluzione? Nuovi modelli distributivi che coprano il gap aperto offrendo di più ai fruitori ed agli autori musicali: è quello che si chiede a gran voce da entrambi i lati, ed è esattamente ciò che sta continuando a comprimere gli utili ed i fatturati delle case discografiche.
Il gratis non eliminerà dalla faccia della terra l'economia della musica così come non ha eliminato l'industria nel corso del secolo passato. Al contrario, i campioni gratuiti, i loss leader, il modello di distribuzione dei contenuti free to air (tipico dei media tradizionale come i canali radio - televisivi in chiaro) ed i prodotti complementari in omaggio (free gift inside) hanno contribuito a costruire un mercato evoluto e sofisticato che altrimenti non avrebbe potuto svilupparsi.
Ora una nuova forma di questa economia del dono sta prendendo piede attraverso internet, ovvero proprio dove i costi di stoccaggio e duplicazione del prodotto si stanno approssimando verso lo zero. La mia opinione è che dietro a questo cambiamento epocale si nascondano molte più occasioni di sviluppo e business di quanto si voglia normalmente far credere. Ogni singolo file musicale mp3 ceduto in modo consapevole gratuitamente è quindi il prodromo di un prodotto o servizio complementare che può generare reddito per i musicisti e per i professionisti del settore musicale.
Internet non ucciderà la musica ma al contrario contribuirà ad una sua nuova maturità. Capire come portare all'efficienza operativa questa economia del dono 2.0 è la vera sfida che i protagonisti del nuovo mercato digitale devono affrontare e vincere.
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