Apple Store Marketing: un riferimento per il mondo della cultura?

Il chiaccheratissimo negozio dedicato alla vendita di prodotti immateriali di casa Apple è al centro in questi giorni di un'interessante discussione sui modelli di business dell'industria culturale del futuro. Se da un lato c'è chi ne profetizza la fine (il riferimento è a Jay Sullivan, vicepresidente Mozzilla - Approfondisci qui), dall'altro si enfatizzano le ragioni di un successo che non era certamente scontato (leggi il nuovo studio di Channel Web).
Il punto della questione è piuttosto semplice. Sono in molti ad invidiare ammirare il successo di casa Apple, tanto che nel tempo si sono venuti a creare una miriade di mercati digitali, non necessariamente con lo stesso grado di risultati e obiettivi raggiunti. Ma al contempo sono in molti ad essere preoccupati per la censura chiusura ed il filtraggio editoriale di App Store, che prevede un team di supporto alla selezione dei contenuti da pubblicare.
Dal punto di vista del marketing culturale, questo processo presuppone l'esistenza di un filtro di monitoraggio (simile a quelli presenti all'interno delle tradizionali attività editoriali) che condiziona in modo decisivo i creatori di prodotti culturali immateriali, e di conseguenza limita l'effettiva distribuzione.
Tutto questo in un momento in cui le logiche della coda lunga vorrebbero che ad avere la meglio sia la costellazione di editori ed autori indipendenti. Il successo dei negozi virtuali porterebbe quindi ad un sistema chiuso che non favorirebbe in modo naturale la ricchezza e l'ecologicità del sistema, quanto l'attività degli stessi store proprietari. In una fase del mercato digitale in cui l'Apple Store Marketing sta vivendo la propria massima espansione, condizionando le scelte e le strategie dei competitor e di tutta l'industria culturale online, siamo davvero sicuri che si tratti della migliore soluzione possibile anche per le piccole case editrici / software house e gli autori emergenti?
Vedremo quindi nel tempo quale saranno i sistemi di distribuzione ad avere la meglio, e di conseguenza dove si sposterà il peso delle scelte editoriali. Da parte mia, la speranza è che prevalga un sistema a favore della qualità dei contenuti / prodotti culturali e della massima biodiversità, piuttosto che la tradizionale logica della mercificazione e del mark up a tutti i costi.
  
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